Sarà anche vero – come sosteneva lui stesso – che il complotto talora
assomiglia ad un delirio gradito perché sostitutivo di un confronto
forte e impegnativo con la verità
. Risulta
tuttavia difficile, osservando i numerosi coni d’ombra che tutt’ora
avvolgono la sua fine, non sospettare che dietro la morte di Pier Paolo
Pasolini non vi sia molto di più di quanto finora ipotizzato, scritto e
raccontato. Non per nulla gli stessi scettici del complotto – quanti
cioè, dalla morte di Kennedy all’11 Settembre, amano demolire ogni
ipotesi alternativa – riconoscono come la morte del poeta friulano, in
effetti, sia ancora tutta da spiegare.
La storia dei misteri della morte di Pasolini inizia il 2 novembre
1975, poco prima dell’alba. Già qui, un primo, singolare mistero: appena
il giorno prima, l’1 novembre, l’intellettuale rilascia al quotidiano
La Stampa
un’intervista alla quale, per sua espressa volontà, assegna un titolo
che poche ore dopo si rivelerà drammaticamente profetico: «
Siamo tutti in pericolo».
Ma torniamo alle prime luci del 2 novembre: è ancora buio quando,
all’1:30 circa, una pattuglia dei carabinieri intercetta una Giulia 2000
GT grigia percorrere a tutta velocità il lungomare di Ostia. Nonostante
la velocità e la grossa cilindrata dell’auto, i carabinieri riescono,
dopo un inseguimento serrato, a stringere la Giulia argento contro la
recinzione di uno stabilimento balneare. Il conducente, però, non
intende affatto arrestare la sua fuga: scende dall’auto e comincia a
scappare, a correre via. I carabinieri però sono più veloci di lui e
finalmente lo fermano: ha 17 anni, è poco più di un ragazzino e si
chiama Giuseppe Pelosi, Pino la Rana per gli amici.
Portatolo in commissariato, i carabinieri fanno subito una verifica e
scoprono due cose: i precedenti penali di Pelosi e il nome del
proprietario della Giulia; è il nome di un intellettuale molto famoso,
di un regista, di uno scrittore e drammaturgo tra i più brillanti in
assoluto: la Giulia 2000 GT risulta intestata a Pier Paolo Pasolini.
Pelosi viene quindi trattenuto, ma – interrogato – si rifiuta di
parlare. Sembra spaventato.
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