Albenga (SV) - Ucciso (o, in un primo momento, forse solo tramortito), legato mani e piedi e gettato nel fiume, condannato all’oblio.
Almeno per otto secoli, fino a quando gli scavi per l’ampliamento del
Santuario della Madonna di Pontelungo lo hanno fatto riemergere dalla
sua vecchia tomba “acquitrinosa” facendo intravvedere la trama di un
nuovo giallo all’ombra delle torri ingaune.
Albenga si conferma città di delitti e misteri: dopo le streghe-bambine (gli
scheletri di due giovani donne sepolte nell’area di San Calocero tra il
XV e XVI secolo, con modalità che un tempo si riservavano a persone
temute o odiate), è la volta di un nuovo cadavere capace di raccontare una storia altrettanto cruenta.
Non ci vuole chissà quale fantasia, basta partire dai dati
scientifici e dagli scavi, portati avanti nelle ultime due settimane,
nell’area che si trova tra il santuario ingauno – oggetto di un
ampliamento voluto dai frati francescani dell’Immacolata – e il ponte di pietra sotto cui, fino al XIII secolo, scorreva il fiume Centa.
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